Benedetta crisi

Premessa

Un tempo c’erano gli allenatori, figure severe che impartivano ripetute da eseguire pedissequamente nei tempi prestabiliti. Guai a sgarrare di un secondo!!!

Non esistevano “mental coach”, ci si allenava e… basta! Poi la selezione “naturale” ti portava davanti o dietro il treno…

Non erano ammesse giustificazioni, dentro o fuori era la sentenza!

Ma questa è ormai preistoria, oggi prevalgono altri metodi e soprattutto altri valori.

E questa nuova attitudine alla stagione agonistica, dove non è contemplata una periodicizzazione per la quale ci si prepara all’obiettivo seguendo una tabella ma, al contrario si inseguono obiettivi sparsi nell’anno e si “adattano” tabelle, porta quasi inevitabilmente a dover integrare la preparazione con aiuti “esterni” provenienti dalla farmacologia fai da te

Il quasi è la salvezza! È quel “quasi” che distingue l’Atleta che punta su una preparazione dal lobotomizzato che punta ad avere sempre una “condizione ottimale” per perseguire la prestazione.

Ed è questo il punto fondamentale da spiegare al meglio per tentare di mantenere la purezza della percezione!!!

Una prestazione non deve essere per forza massimale. Non è obbligatorio entrare in premiazione e compromettere la propria esistenza per un salame o uno scaldacollo.

A tutti fa piacere vincere, ma rovinarsi la salute e soprattutto spendere fortune che sono 10 volte il valore del premio non lo si può considerare un vincente investimento!

E’ fondamentale fallire ogni tanto, per crescere!!!

A questo deve servire un allenamento tosto”, ad allenare non solo la forza, la resistenza, ma soprattutto quella componente indispensabile per affrontare la difficoltà: la mente!

E qua torna prepotente l’aiutino: ci sono farmaci, perché questo sono (inutile usare eufemismi come integratori, sono veri e propri farmaci) che lobotomizzano i sensi e azzerano la fatica, e aiutano sensibilmente a superare la CRISI!

Ma che sia benedetta la crisi!!!

Come gestire le difficoltà

La crisi non è assolutamente da evitare, da demonizzare, ma da esaltare e da, appunto, benedire!

Una crisi, ovvero la difficoltà a tenere, dopo che hai osato, è il momento migliore di una prestazione!

È durante la crisi che si cresce, che si mettono in pratica le tecniche per gestirla, arginarla, superarla e poi lanciare la carica utilizzando le endorfine che il corpo, in totale autonomia, senza aiuti esterni, sa generare!!!

In ogni gara puo’ esserci l’eventualità di affrontare una crisi, e superarla è il miglior additivo che si può assumere per il corpo e per la mente.

Per questo è importante “allenarsi” a gestire le difficoltà, e quando in allenamento ci viene voglia di mollare, quando pensiamo che siamo al limite e niente e nessuno può aiutarci a superare questo “terribile” momento, dobbiamo imparare a gestire e affrontare il “malessere” per poi beneficiare della forza incredibile e prodigiosa che viene fornita dal superamento della crisi.

Ovviamente non dobbiamo morire sul campo, a nessuno è chiesto questo sacrificio, bisogna sentire al meglio il proprio corpo, entrare al centro del turbine della difficoltà e provare a placare i pensieri negativi reagendo con la propria forza!

Si parla sempre in termini sportivi, ma questo stile di affrontare le difficoltà può essere di aiuto anche nella vita di tutti i giorni.

Del resto, la corsa è metafora della vita.

Quindi il consiglio tecnico è affrontare la crisi, gestire la situazione e poi sfruttare il potenziale che la reazione offre.

Superata la crisi, tutto diventa più facile, si moltiplicano le forze e si può affrontare il resto della prestazione nella migliore condizione.

Viceversa, se si subisce si entra in uno sconforto fisico e mentale che fa avvilire e soprattutto allontana sempre di più il traguardo.

Le crisi sono un business per chi consiglia “integratori”, sono un business per chi si limita a “smerciare” tabelle e non da valore aggiunto di esperienza e tecnica. E la massa lobotomizzata alimenta il business barattandolo con salami e scaldacolli.

Benedetta è la crisi, che insegna ad affrontare il problema e non a evitarlo!

Ma come si affronta quindi una crisi?

Come in tutti i malesseri, quello che risulta fondamentale è la prevenzione. E’ cattiva abitudine tempestare la mente di pensieri negativi sulla prestazione, che sia una gara o un allenamento.

È troppo lungo, è troppo veloce e poi ci sono le salite! Quanti giri? Non me la sento, semmai cammino, basta arrivare, la medaglia.

Se si sta sempre in comfort zone, sempre molto ma molto al di sopra della soglia, insomma se si tapascia beatamente si pensa di non avere problemi. E invece la crisi non guarda il Ritmo, non tiene conto se si va forte o piano, arriva comunque, e quando arriva è inesorabile!

Non c’è assolutamente modo per evitarla, in condizioni naturali, ma c’è sicuramente il sistema di affrontarla al meglio e magari fare in modo che non sia così terrificante!

La crisi non guarda in faccia nessuno, certo se si è ben allenati è meno incisiva, ma arriva sempre e comunque. Lo stesso Orlando Pizzolato, prima del suo trionfo alla Maratona di New York, affrontò ben 3 crisi dentro Central Park.

Quindi la regola per gestire al meglio la difficoltà è liberare la mente dai pensieri negativi, a volta per sdrammatizzare si fanno battute che mettono la propria persona in situazione di disagio, di sconfitta, ancora prima di iniziare la prestazione! Evitiamolo!

Evitiamo di vedere l’insieme, di ingigantire l’evento, di creare aspettative, attese.

Devo affrontare la prestazione? Non ci penso assolutamente fino a quando non inizia!

Cancellarla proprio dalla mente, dormire tranquilli, come se non dovesse accadere.

E’ una prestazione di x chilometri? Segmentare, spezzettare in tante piccole unità da affrontare singolarmente, fatta una, si pensa alla successiva, mai all’insieme!

Sono ripetute? Ora affronto la corrente, non penso a quelle fatte o a quelle da fare.

Niente è più sbagliato che “tenere le energie”, correre è naturale, deve essere naturale, se corro piano, corro male!!!

Ecco perché correre ha bisogno di un’adeguata superficie e di una giusta altimetria, perché altrimenti non è corsa!!!

Correre sempre al proprio naturale impegna la mente e non rende possibile pensare negativo, non c’è tempo né modo, si è troppo impegnati a spingere al meglio con le braccia, con i piedi, con ogni muscolo. Serve concentrazione per correre bene, se ci si distrae si va di tallone, si sprecano inutili energie.

Il piede deve rimbalzare bene, altrimenti struscia, e non si sfruttano le performance delle scarpe “moderne” che aiutano solo se si spinge in modo adeguato.

Sono così tante le attività cerebrali da mettere in atto che non si ha il tempo di “mollare”, di cedere.

E se arriva quel momento di cedimento, lo si affronta! Controllare la respirazione, soffiare piano fuori l’aria per poterne assumere al massimo al ciclo successivo di respirazione.

Sentire le braccia, sono loro che gestiscono il Ritmo, regolamentare l’andatura per non rallentare, per contrastare l’impulso del cervello che spinge a mollare.

Contare fino a 7 e poi ricominciare, per alternare la spinta su un piede e sull’altro (evitando carichi monopodalici).

Prendere il giusto treno, evitare i tappi.

Reagire, in un modo, in due, o in tutti quelli che conosciamo, inventarne dei nuovi.

La parola d’ordine è reagire, controllare, gestire, per evitare che il resto della prestazione diventi agonia e il traguardo sempre più lontano.

Evitare di trovare giustificazioni, la mente umana è abilissima a trovare scuse: hai dormito poco, stai lavorando troppo, il partner, i figli, il mutuo, il doloretto all’adduttore, fa caldo, fa freddo, le scarpe… bla, bla, bla, gne, gne, gne…

Gran parte delle scuse che si inventano per “mollare” ce le portiamo da casa, e allora tanto vale rimanerci, evitare viaggi, costi e delusioni!

Se si affronta la prestazione lo si fa dall’inizio alla fine e fino alla fine si controllano tutte le attività necessarie per condurre il giusto Ritmo, quello che ci gratifica in una forbice di dignità che conosciamo bene in quale intervallo di tempi si trova e che dobbiamo perseguire, a prescindere dal salame o dallo scaldacollo.

Conclusione

Il nostro avversario è noi stessi: quindi mettiamoci in gioco e prendiamoci la responsabilità di conseguire una degna prestazione. E’ questa la principale soddisfazione.

E dopo?

Se è andata bene, prendere atto dell’esperienza acquisita, delle difficoltà affrontate e dei metodi messi in campo, per crescere come Persona e come Atleta.

Se è andata male, prendere atto dell’esperienza acquisita, delle difficoltà affrontate e dei metodi messi in campo, per crescere come Persona e come Atleta.

E poi si azzera tutto e si riparte per la prossima prestazione.

Non è il tempo finale che giudica una prestazione ma la capacità di affrontare le difficoltà che ogni segmento è in grado di proporre.

Quindi diffidare di un allenamento o di una gara che non presenta difficoltà, che non provoca dolori: non insegna nulla, non fortifica in nulla.

Bisogna essere grati alle crisi e grati a sé stessi quando siamo in grado di affrontarle e superarle al meglio, usando solo tecnica, forza mentale e qualche bicchiere d’acqua, liscia.

Questo è il migliore “mental coach”: il confronto con la diffcoltà e con il proprio allenatore che, nel tempo, è diventato meno inarrivabile e, se non si limita a schiacciare un cronometro ad un angolo del campo o peggio a navigare i social con il telefonino, o peggio ancora a prescrivere cocktail di farmaci, può essere un valore aggiunto per infondere esperienza e fiducia nei propri mezzi

Evviva la crisi quando viene, ma soprattutto quando la si supera…

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